Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali, che ha sostituito a partire dal 2021 il super e l’iper ammortamento, rappresenta ancora una volta un incentivo per incrementare gli investimenti in beni strumentali nuovi, soprattutto in quelli relativi all’Industria 4.0. Conoscere gli orizzonti temporali attualmente previsti dalla norma, a cui corrispondono benefici differenti, diventa essenziale per una pianificazione industriale efficiente, che possa massimizzare le risorse disponibili all’azienda. Non si può, infatti, non considerare che sulla base delle aliquote a oggi in vigore gli investimenti effettuati entro la fine del 2022 risultano molto più appetibili di quelli che saranno effettuati nel corso dei prossimi anni.
La legge di Bilancio 2022 ha prorogato il Piano Transizione 4.0 che, nato nel 2019 per favorire una politica industriale più inclusiva e attenta alla sostenibilità, prevede, per gli esercizi dal 2022 al 2025, tre benefici differenti:
– il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali;
– il credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica; e
– il credito d’imposta formazione 4.0.
La maggior parte delle novità coinvolgono diversi periodi di imposta, motivo per il quale una programmazione efficiente degli investimenti aziendali diventa essenziale per poter ottimizzare i benefici fiscali a disposizione.
Le regole del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali
Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nasce per incentivare le imprese, e gli esercenti arti e professioni, anche in regime forfettario, ad investire in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, che siano funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi destinati a strutture produttive localizzate nel territorio nazionale.
Le modalità di fruizione del beneficio sono differenziate a seconda della tipologia di bene e dal momento in cui la società investe. Con riferimento ai termini temporali, si segnala che per ciascuna scadenza ordinaria viene previsto un “termine lungo”, fino al 30 giugno dell’anno successivo al termine originario, che permette così di agevolare alle condizioni previste per l’esercizio precedente gli investimenti per i quali entro il 31 dicembre sia stato versato un acconto pari ad almeno il 20%.
Infatti, qualora l’oggetto di investimento siano dei beni strumentali “ordinari”, e cioè beni strumentali non riconducibili agli Allegati A e B alla legge n. 232/2016, il contribuente potrà fruire di un beneficio sotto forma di credito di imposta di importo pari al 6% dell’investimento effettuato nel periodo di tempo compreso tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022 (o entro il “termine lungo” del 30 giugno 2023), fino a un investimento massimo di euro 2 milioni. L’importo massimo è il medesimo sia per gli investimenti in beni materiali sia per quelli immateriali.
Qualora, invece, il soggetto scelga di investire in beni materiali e immateriali riconducibili all’Industria 4.0 (di cui agli Allegati A e B citati), potrà fruire del beneficio sugli investimenti effettuati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2025, fino a un massimo di euro 20 milioni, con un beneficio differenziato sulla base del periodo di effettuazione dell’investimento:
- A) per gli investimenti in beni materiali di cui all’Allegato A effettuati
- tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022 (o entro il “termine lungo” del 30 giugno 2023), il beneficio è nella misura del
– 40% per la quota di investimenti fino a euro 2,5 milioni;
– 20% per la quota di investimenti tra euro 2,5 e 10 milioni;
– 10% per la quota di investimenti tra euro 10 e 20 milioni.
- tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2025 (o entro il “termine lungo” del 30 giugno 2026), il beneficio è nella misura del
– 20% per la quota di investimenti fino a euro 2,5 milioni;
– 10% per la quota di investimenti tra euro 2,5 e 10 milioni;
– 5% per la quota di investimenti tra euro 10 e 20 milioni.
- B) per gli investimenti in beni immateriali di cui all’Allegato Beffettuati, fino a un massimo di euro 1 milione,
- tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022 (o entro il “termine lungo” del 30 giugno 2023) è previsto un credito d’imposta in misura pari al 20% del costo sostenuto;
- tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2024 (o entro il “termine lungo” del 30 giugno 2025) è previsto un credito d’imposta in misura pari al 15% del costo sostenuto;
- tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2025 (o entro il “termine lungo” del 30 giugno 2026) è previsto un credito d’imposta in misura pari al 10% del costo sostenuto.
In ultimo, per i soli beni inclusi nell’Allegato A, è previsto un ulteriore beneficio pari al 5% della quota parte di costo sostenuta per investimenti inclusi nel PNRR e diretti alla transizione ecologica effettuati tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2025 fino a un limite massimo di euro 50 milioni. Gli investimenti con le citate caratteristiche dovranno essere identificati con apposito decreto, che si auspica contenga anche delle indicazioni in merito al coordinamento tra le due agevolazioni, che al momento sembrano avere due plafond distinti per il calcolo del limite massimo.
Requisiti per la fruizione
Il credito di imposta per i beni riconducibili al mondo dell’Industria 4.0 è fruibile solo successivamente all’avvenuta interconnessione.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 71 del 2022, ha chiarito che: “come specificato nella risposta all’istanza di interpello n. 394 dell’8 giugno 2021 resa sulla base del parere tecnico reso dal Ministero competente, in caso di ritardo nell’interconnessione l’agevolazione non viene meno, sempreché le caratteristiche richieste dalla disciplina 4.0 siano presenti nel bene già anteriormente al suo primo utilizzo (o messa in funzione) e sempreché il soddisfacimento di tutte le caratteristiche tecnologiche e di interconnessione permangano per l’intero periodo di tempo in cui il soggetto beneficiario fruisce dell’agevolazione in esame”.
In sostanza per essere ammessi al credito d’imposta per investimenti in beni strumentali 4.0, devono possedere i requisiti 4.0 al momento del primo utilizzo. Se invece risultano entrati in funzione in anticipo rispetto al possesso dei requisiti, non sono più considerati come nuovi. Inoltre, le funzionalità 4.0 devono essere dimostrabili in sede di controllo tramite apposita reportistica per tutto il periodo dell’agevolazione.
Si deve poi porre particolare attenzione per i beni realizzati in economia, per i quali il costo di acquisizione viene determinato avendo riguardo ai costi riferibili all’investimento e sostenuti nel periodo agevolato, ad esso imputabili sulla base della corretta applicazione del criterio di competenza.
Sempre con riferimento a tali beni, è poi necessaria una perizia asseverata dalla quale risulti che i beni possiedono le caratteristiche tecniche previste e la relativa interconnessione al sistema aziendale. La perizia può essere sostituita da una dichiarazione resa da legale rappresentante legale per gli investimenti di valore pari o inferiore a 300.000 euro. Il beneficiario dell’agevolazione deve inoltre inviare una comunicazione al MISE, utilizzando apposito modello da trasmettere tramite PEC. Tale comunicazione ha fini statistici e non è un requisito necessario per l’accesso all’agevolazione.
Per poter fruire delle agevolazioni in commento è poi importante che le fatture riportino il riferimento normativo, e cioè “Acquisto per il quale è riconosciuto il credito d’imposta ex art. 1, commi da 1054 a 1058 Legge n. 178/2020” nel caso dei beni strumentali “ordinari”, oppure “Acquisto per il quale è riconosciuto il credito di imposta ex art. 1, comma 44 Legge n. 234/2021” nel caso dei beni materiali e immateriali riconducibili all’Industria 4.0. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’eventuale mancata indicazione in fattura della corretta dicitura rappresenta un errore sanabile attraverso una stampa della fattura stessa e l’integrazione della dicitura, purché questo avvenga prima dell’inizio dell’attività di controllo da parte dell’Ufficio.
Modalità di utilizzo
Il credito di imposta così risultante sarà utilizzabile in compensazione in tre quote annuali di pari importo tramite modello F24, utilizzando il codice tributo:
– 6935, per gli investimenti in beni ordinari,
– 6936, per gli investimenti di cui Allegato A,
– 6937, per gli investimenti di cui Allegato B;
le eventuali quote residuali al termine dell’esercizio potranno essere riportate negli esercizi successivi.
Inoltre, il credito d’imposta in esame non concorre alla formazione della base imponibile ai fini IRES e IRAP, e può essere cumulato con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto gli stessi costi, purché tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto. Per una corretta analisi, è necessario tenere conto anche della non concorrenza del beneficio ai fini della determinazione del reddito e della base imponibile IRAP. Sul punto, ad esempio, l’Agenzia ha confermato che non vi sono dubbi sulla cumulabilità del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali con il bonus investimenti nel Mezzogiorno.
Si segnala, per completezza, che il credito d’imposta non assume la natura di aiuto di Stato.